La Storia
Nel periodo del Grande Scisma d’Occidente, l’Arcivescovo di Praga Giovanni Jenstein volle istituire la festa della Visitazione nella sua giurisdizione e propose ad Urbano VI (Papa del 1378 al 1389) di estenderla a tutta la Chiesa, per evitare la sua definitiva divisione. Questo Pontefice, che si chiamava Bartolomeo Prignano e che era già stato vescovo della città di Matera, preparò il decreto nel 1389, che però fu promulgato nel 1390 dal suo successore, Bonifacio IX (1389-1404), stabilendo la data della festa al 2 luglio. A seguito di tale evento, anche la Cattedrale di Matera, in origine intitolata alla Madonna di Matera e poi detta anche dell’Episcopio, fu definitivamente dedicata alla Madonna della Bruna, molto venerata in un affresco bizantino dichiarato “privilegiato” nel 1579 con una “breve” del Papa Gregorio XIII. Le origini della festa sono incerte e si perdono nel tempo, divenendo fantasiose leggende. Una di queste favole racconta che una giovane e sconosciuta signora chiese ad un contadino di farla salire sul suo “tràino” per accompagnarla a Matera. Giunta nel Rione Piccianello si trasformò improvvisamente nella statua della Madonna, chiedendo all’incredulo zappatore :”così, su un carro molto ben addobbato, voglio entrare ogni anno nella mia città” e scomparve misteriosamente. Altrettanto inverosimile è la leggenda sulla distruzione del Carro, riferita ad uno sconosciuto assalto saraceno dal quale i materani lo avrebbero strenuamente difeso, distruggendolo loro stessi, pur di non far cadere le sacre immagini nelle mani di questi infedeli. Gli inserimenti profani come il “carro navalis” e la sua violenta distruzione, affiancatisi col tempo all’intimità e solennità religiosa originaria, fanno di questa festa un evento interessante che affonda le sue radici in antichissime rappresentazioni che si tenevano in molti paesi del mediterraneo.
Nell’antico Egitto ed in Grecia si svolgevano vere e proprie sfilate su queste “navi su ruote” in occasioni di feste nuziali ed altro. Anche in Italia l’uso di queste macchine da festa è antichissimo. Durante il Rinascimento, infatti, artisti come Leonardo e Brunelleschi si sono dedicati alla preparazione di questi sorprendenti carri trionfali, con rappresentazioni allegoriche, per celebrare sovrani e mecenati. Anche in Europa nel ‘600/700 si diffuse l’uso di questi pomposi mezzi sui quali prendevano posto dei musici o degli attori che si esibivano su questi “carrales” (Spagna) ricchi di suggestive scenografie spaziali, ove rappresentavano lavori teatrali, per potersi così facilmente spostare di piazza in piazza, di città in città, con tutta la scena. I carri erano prevalentemente di due tipi: a “vascello” o a “candelone” verticale, riferito al cero votivo, alla torre o al campanile della località. Col tempo questi carri, creati da architetti e realizzati da valenti artigiani, hanno acquistato una raffinata eleganza di forme e volumi tanto da essere utilizzati e voluti dai “potenti” per meglio imprimere la memoria del popolo in particolari e solenni occasioni civili.
L’esposizione di queste scene allegoriche perde via via l’aspetto di festa laica e prende sempre più quella di processione e manifestazione religiosa, come corteo storico dedicato al Santo Patrono nelle feste popolari delle nostre contrade. Per il carro trionfale di Matera, che aveva le statue di legno fino alla metà del 1800 e poi sempre di cartapesta, la scena centrale riprodotta sul Carro della Bruna è ogni anno diversa. Essa è sempre stabilita dal Vescovo e rimanda a parabole e vicende del Vangelo. Si aggiudica l’assegnazione della gara il cartapestaio che meglio raffigura la scena prescelta nella bozza di presentazione, al miglior prezzo. La data di consegna del caratteristico manufatto è quella del 29 giugno, festa dei Santi Pietro e Paolo, quando, di sera, il Carro viene benedetto dal Vescovo ed è esposto alla cittadinanza, che può così ammirarlo con attenzione girandogli intorno, nella sua completezza ed integrità. Il 2 luglio il carro ospita nella torretta a “poppa” la statua della Madonna e sfila da Piccianello fino al Duomo, dove, deposta la sacra effigie, si dirige verso la piazza centrale.
La festa può così giungere al suo culmine con lo spontaneo ed incontrollabile “straccio”, verso le ore 22,30, sotto gli occhi incuriositi ed increduli di tutta la città. Insolito ed unico è il rituale della distruzione del Carro Trionfale che ogni anno si ripete, dove ognuno cerca di afferrare una piccola immagine di cartapesta, un frammento, per conservarlo con devozione nella propria casa o nel luogo di lavoro, per mostrarlo con fierezza agli amici. Come dalla morte e dalla decomposizione della materia rinasce nuova vita, così lo smembramento del carro ricorda analoghi riti, che hanno la loro origine nei millenni di storia, dai sumeri agli egizi, rammentando il rinnovamento della vita dopo la morte, del rito sacrificale e del susseguirsi ciclico delle stagioni, le quali, per favorire la nascita di nuove piante e frutti, riesplodono in nuove gemme primaverili, però solo dopo la spoliazione autunnale e dopo la morte apparente dell’inverno.
Dopo la benedizione e l’esposizione del Carro Trionfale nell’ultima settimana di giugno, un altro momento fisso della festa è quello del 1° luglio. Nella mattinata, i cavalieri si radunano, senza il costume della sfilata, in piazza Duomo o in piazza del Sedile per la benedizione e per la cosiddetta “prova” dei cavalli e cavalieri, che ammontano a novanta.Questa consiste nel verificare la capacità dell’animale e del suo destriero di sopportare la confusione della folla e, nel caso il cavallo s’imbizzarrisse, l’abilità del cavaliere di governarlo a dovere. Agli amanti di questa prova, non è certo sfuggito il nervosismo che si impadronisce dei cavalli, i quali scalpitano frementi con i loro zoccoli sul lastricato scivoloso del percorso. Bellissimi esemplari, pettinati e spazzolati, si esibiscono alla folla che li osserva con curiosità e timore.
Il Cavaliere della Madonna della Bruna è sempre stato un ruolo svolto con devozione e fierezza. Espressione del vicinato, il Cavaliere rappresenta uno dei tre aspetti della festa.
Il primo è quello sacro rappresentato dalla Madonna, il secondo è il carro trionfale che la ospita durante il percorso ed il terzo è il Cavaliere che la scorta. Sono circa novanta e non hanno una uniforme, ma un costume da sfilata con decori e colori a piacere, nel quale non deve mancare la corazza, l’elmo, il mantello, l’asta su cui sventola una bandiera con una croce.
L’elmo e la corazza sono realizzati con maestria da rari artigiani e non sono riferibili, come stile, ad un’epoca precisa, né ad un esercito particolare.
La figura del trombettiere è molto popolare e riscuote molta simpatia nella gente durante la sfilata. La sua tromba si sente da lontano mentre chiama a raccolta i Cavalieri o quando, a richiesta, esegue le note della carica ripetutamente. Qualcuno li associa ai Crociati, paladini della cristianità, ma non rappresentano una vera e propria guardia di difesa, sono, invece, un ornamento, una esibizione in pompa magna, una cornice barocca, come tutta la festa.
Lo spettacolo variopinto dei Cavalieri durante la sfilata è il risultato di un lungo ed accurato lavoro di sorelle e fidanzate, di mamme e mogli, impegnate a creare, con abilità e fantasia, il ricamo sul mantello di velluto o di raso. L’aspetto dei cavalli di oggi aggiunge eleganza ed armonia al Cavaliere, a differenza delle giumente o dei rozzi cavalli da tiro di qualche decennio fa. Il nobile animale rappresenta il contatto perenne fra l’uomo ed il suo lavoro, fra il contadino e la campagna, anche se va ricordato che a Matera è stato il mulo il mezzo di trasporto e di lavoro più utilizzato. Il tema dei disegni rappresentati sui mantelli svolazzanti è libero, ma si richiama all’immagine della Madonna, di una colomba, di una croce, di una stella o di un angelo. In occasione della festa, questi instancabili animali vengono addobbati con appositi guarnimenti ed hanno un compito solo apparentemente marginale, ma molto, molto importante: trainare il carro con la Madonna, quasi per riconoscere e ricambiare il loro valido contributo offerto ogni giorno durante il duro lavoro nei campi.